Diario di tonnara, tra mito e sacro
La cultura dell'antica pesca nell'opera prima di Zoppeddu
- La cultura dell'antica pesca nell'opera prima di Zoppeddu
-
ROMA - Un documentario volutamente lento con i tempi di una volta e con quelle facce di italiani che non ci sono più. Un ritorno al passato quello di Giovanni Zoppeddu in 'Diario di tonnara', passato in selezione ufficiale alla Festa di Roma e in sala con Istituto Luce nel 2019, che racconta, con immagini di repertorio e interventi creativi, la cultura della antica pesca al tonno fatta di attesa, mito, sacro.
Quasi un rito pagano quello della tonnara condotto dal Rais, capo indiscusso dei suoi fedeli tonnaroti, ma anche un inno alla fatica del vivere e a quella naturale propensione di una comunità a riconoscersi nelle tradizione e nel rito tipica di una sicilianità capace, come è per la festa di Sant'Agata a Catania, di mettere a braccetto con disinvoltura paganesimo e sacro. Un documentario che si fa comunque interprete di storie di mare attraverso il massiccio utilizzo di immagini di repertorio di maestri come De Seta, Quilici, Alliata e con la voce fuori campo di Ninni Ravazza, sub e giornalista, che aveva lavorato nella tonnara di Bonagia e autore di quel "Diario di tonnara" a cui il film è ispirato.
Tante immagini in bianco e nero nel documentario, prima di quel "terremoto antropologico" (così lo definisce il regista sardo) che ha cambiato volto e cuore di molti italiani. "Alla lettura dell'esperienza di Ravizza - spiega Zoppeddu - , mi si spalancò davanti un mondo a tinte quasi mitologiche, popolato da eroi e dalle tradizioni millenarie che questi pescatori - nella loro semplice ricerca di sostentamento - portavano avanti di padre in figlio. Com'era possibile che tutto questo fosse scomparso? Come poteva un modello millenario scomparire così, nel silenzio, accecato dal mondo industriale? Avrei dovuto assolutamente raccontare tutto questo, per provare a fermare il tempo. Per far rivivere una comunità e darle voce". E ancora Zoppeddu al suo primo film e già collaboratore di Folco Quilici: "Ho corso il mio rischio. Ho cercato di raccontare tutti i riti del mare che ruotano intorno alla vita dei proprietari di tonnara, dei rais e anche dell'ultimo dei tonnaroti, cercando di dipingerli come quello che sono: personaggi mitologici in grado di mettere la propria vita e le proprie risorse a disposizione di una comunità".
E che siamo nel tempo del mito, ma anche in una sorta di western del mare, lo spiega poi Ravizza: "Solo per fare un esempio, quando i vecchi marinai sentivano che si avvicinava una tempesta dicevano: 'sta arrivando una boria', vale a dire quella stessa 'borea' di cui parla Omero". Mentre sui tonni spiega ancora il sub: "Era come il bufalo degli indiani d'America, era un animale che rispettavano e a cui si appellavano con deferenza, prima della caccia, con 'tutti li tunni cerchi o perdono'".